1. La partenza per la Georgia
- Gabriele Canella
- 29 gen 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 4 apr 2023

Non è una partenza fatta a cuor leggero. Anzi mi sembra di essere schiacciato da un macigno. Il peso di una scelta importante, dell'ignoto, di ciò che si lascia senza sapere dove si andrà a finire.
I programmi che avevo sono saltati, tutto è in balia della meteo e del clima, che decideranno molto del viaggio. Un umore grigio, che non si addice a una partenza così desiderata.
Appena seduto sull'aereo nulla sembra andare verso la tranquillità. Due ragazze russe piene di sacchetti - fa strano chiamarli così in questo caso - dello shopping firmati Luis Vitton e altri marchi del genere si mettono a discutere con gli assistenti di volo perché non vogliono lasciare quelle borse nelle cappelliere e pretendono di tenerle sul seggiolino. Poi il comandante annuncia mezz'ora di ritardo, alcune persone sono bloccate al controllo passaporti. Dopo un po' finalmente sale a bordo una ragazza, ma mi intenerisce il suo pianto: la madre è stata bloccata, non può salire.
Tutto un insieme di situazioni che non mi hanno scaldato l'umore. Sono accanto al finestrino, al mio fianco un sedile libero, sul corridoio una signora non italiana.
Poco dopo il decollo mi addormento, non so dopo quanto mi sia svegliato. Ma non devo avere una faccia allegra, perché la signora dell'altro seggiolino, con un sorriso mi porge una lattina di birra. Ne aveva comprate due sull'aereo, una proprio per me. Devo averle fatto pena. Subito rifiuto, poi capisco quanto ci tenga. Si chiama Anna, una signora alta e mora sulla cinquantina, sposata da sette anni a Piacenza.




Lei è originaria dell'Abkhasia, un territorio di fatto indipendente dalla Georgia e controllato dalla Russia. Mi spiega che incontrerà i genitori di qua dal confine abcaso, perché ha paura di avere problemi alla frontiera. Mi dice di essere dispiaciuta della situazione, lei ha vissuto i bombardamenti e le rappresaglie del 1991, del 1998 e del 2008. "Io sono georgiana e poi megreli" dice, "la Georgia è fatta di tante etnie diverse, non ha senso separarsi. In Abkhasia ci sono pochi abitanti, senza Georgia non contiamo niente, siamo comodi solo per le vacanze dei russi". Mi dice che lì si paga coi rubli, al confine e nella polizia c'è l'esercito russo, le elezioni sono fasulle e il governo è messo lì dalla Russia. Per questo ora hanno paura. "Se Putin smette in Ucraina e decide di attaccare la Georgia, ci mette un giorno a prenderla".
Mi scende una lacrima per il gesto della birra. Mi dice che i megreli sono così, accolgono tutti e vogliono bene a tutti. Da quel che so però nel 2008 in quella zona non furono esattamente tutti amorevoli con i georgiani in Abkhazia. Però apprezzo il gesto. Questa è l'accoglienza georgiana che ricordo.



All'aeroporto arriva a prendermi il padrone della guest house che ho prenotato a Kutaisi, una trentina di chilometri di distanza. Possiede una squadratissima monovolume giapponese con la guida a destra. David avrà circa sessantacinque anni. Chiacchieriamo mischiando russo, inglese e italiano. Mi racconta che entrambe le sue sorelle vivono in Italia, lui non c'è mai stato. Alza il volume orgogliosamente quando alla radio passa una canzone italiana che non conosco. Azzardo: "Albano e Romina?" Ho azzeccato, per premio alza ancora più il volume e con le mani mi mostra certi apprezzamenti su Romina - ma quando era giovane - sottolinea.
La canzone successiva lo emoziona: "Celentano è una leggenda", mi dice in inglese. Giuro non avevo mai sentito quella canzone.
Ma non è finita. La successiva è ancora in italiano. Sarei tentato di chiedere: "Ricchi e Poveri"? Ma temo che alzi il volume e rinuncio.
La strada, rispetto a 4 anni fa, è asfaltata di fresco, ma rimangono le caratteristiche tipiche delle vie georgiane: cani vaganti, un susseguirsi di carrozzieri-sfasciacarrozze, carcasse di cavalli e mucche investiti, macchine della polizia, chioschi. Detta così sembra brutta ma non è quello che provo.
Quando poi si arriva in centro a Kutaisi e si passa davanti al teatro e alla Fontana della Colchide, sorrido.
La stanzetta è 3 metri per uno e mezzo. Per quello che l'ho pagata può starci, è pulita, anche il bagno in comune.




Dopo una notte di finto sonno mi metto a girare per Kutaisi. Compro e attivo una sim per avere internet e cerco un negozio che abbia una bomboletta col gas a vite, ma niente da fare. Allora provo al gigantesco quartiere-mercato. È un'area molto estesa, che coinvolge alcune vie, dove una moltitudine di bancarelle di tutti i generi colora vari livelli di un isolato. È la terza volta che ci vado, è qualcosa di meraviglioso e indescrivibile. Lì incontro David che mi dice che a casa è pieno di bombolette di gas, perché gliele lasciano gli ospiti quando devono prendere l'aereo. Non si può imbarcare gas. Infatti quando arrivo a casa me ne vende una nuova di zecca a un prezzo non proprio concorrenziale, ma lui non sa che per me è più importante dei 30 lari (11 euro) che gli ho dato. Poi mi borbotta qualcosa in russo che all'inizio non comprendo. Mi ha chiesto di salvargli il numero di una sua futura ospite su WhatsApp, perché non è capace. Sono riuscito a farlo, cosa non facile ma non impossibile dato che sullo smartphone aveva impostato la lingua russa. Mi ringrazia con la promessa di un bicchiere di vino, la sera.


Passeggio tutto il giorno a Kutaisi. Non basterebbe un post a raccontarla. Ci sono cose d'altri tempi che noi abbiamo perso - come il piccolo commercio e le botteghe di artigianato - e cose che invece non invidiamo, come i pensionati che mendicano o provano a vendere caramelle e mandarini in ogni angolo. Ma è una città che mi è piaciuta fin dalla prima volta.

Il post sta diventando lungo, vi racconto qualcosa di più di Kutaisi un altro giorno. Intanto mi asciugo - qui piove praticamente sempre, tipo in Olanda - che nessuno usa l'ombrello, figurarsi se mi faccio riconoscere io.



P. S. Come promesso, il buon David mi invita a bere un bicchiere del suo vino, "ne ho fatti 30 litri a ottobre" dice. Insiste per farmi brindare, come da tradizione, bevendo il vino da un corno di vacca. Poi mi mostra i video di come balla e come canta alle feste, veramente scatenato e giovanile! Gli spiego cosa vorrei fare. "Non dormire mai da solo di notte sulle montagne, i lupi d'inverno danno problemi" mi fa promettere. Il litro di vino nella bottiglia sparisce - non era nemmeno male - e poi mi preparo per dormire. Domani mi aspettano 6-8 ore di viaggio in marshrutka.







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