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Lo sci escursionismo: lo sci per viaggiare

Aggiornamento: 2 feb 2023

I primi sci


Dai ritrovamenti archeologici sembrerebbe che gli sci - o qualcosa di simile - siano stati inventati circa 6000 o forse addirittura 8000 anni fa. Ciò li rende il primo mezzo di locomozione inventato dall'umanità. La necessità si spostarsi sulla neve - ad esempio per cacciare ed esplorare nuovi territori dove vivere - ha innescato il processo tecnico che ci ha portato ad avere una grande varietà di tipologie di sci molto specializzati: sci da fondo, sci da discesa, sci da salto, sci da alpinismo e così via. Tuttavia per millenni è esistito semplicemente lo sci, almeno fino a cavallo dei secoli XIX e XX.



Esiste ancora un discendente diretto dello sci come mezzo di locomozione, viene chiamato sci da fondo escursionismo o semplicemente sci da escursionismo (in inglese nordic backcountry, in francese randonnée nordique). Per fare sci escursionismo non c'è bisogno di una pista, a dire il vero sarebbe sciocco sciare su una pista. Di fatto è una sorta di sci da fondo ma più largo, con un attacco più forte e un sistema per non scivolare indietro - squame oppure pelli di foca sintetiche - più aggressivo ed efficace. Si usa un po' su qualsiasi terreno che non sia estremo.


Per un buon galleggiamento di solito è largo almeno 80 millimetri e per un migliore controllo in discesa si utilizza un sistema di aggancio largo. I sistemi più comuni sono il vecchio 75mm/3pin, il semplice NNN BC e il più moderno Explore. Qualcuno potrebbe pensare che esistano più tipi di attacco che praticanti di sci escursionismo ma, se questo può essere vero in Italia, non lo è affatto in Nord America, in Scandinavia, in Groenlandia, in Russia, in Giappone, luoghi dove effettivamente si può praticare per molti mesi senza troppe difficoltà.


I primi tentativi


Eppure, la prima volta che ho sentito parlare di sci escursionismo è stato in Calabria. Stavo diventando maestro di sci e, nonostante lo sci escursionismo ricada nelle tecniche dello sci di fondo, era stato snobbato durante il corso. Mi trovavo dunque in Calabria per delle gare di orienteering e lì delle simpaticissime e accoglienti persone del luogo mi hanno parlato di questo tipo di sci. Non riuscivo minimamente a capire di cosa si trattasse. Dalle descrizioni avevo immaginato uno sci da alpinismo ma da usare con attacchi da fondo. Era un modo per poter far fondo anche in luoghi dove non ci sono le risorse e le nevicate regolari per garantire la battitura delle piste.

Solo qualche anno più tardi, in Norvegia, sono riuscito a capire cosa fossero gli sci da escursionismo.



Io lo sci escursionismo lo avevo praticato fin da bambino. Mio padre infatti portava spesso me e mio fratello nel bosco, su strade forestali, una volta perfino su un ghiacciaio, a fare fondo applicando ai nostri piccoli sci una pelle di foca, tagliata su misura. Era divertentissimo. Ai tempi dello sci club anche i maestri ci portavano spesso fuori pista, a fare salti, ad affrontare percorsi che, a posteriori, hanno forgiato la mia agilità con gli sci.

E che dire degli anni di squadra nazionale di sci orientamento? Ci si districava con gli sci in una rete di piste battute con la motoslitta, ma era consentito anche sciare fuoripista. L'importante era raggiungere nel minor tempo possibile tutti i punti di controllo indicati sulla mappa.



Solo nel 2018 ho iniziato a pensarci seriamente cercando informazioni sul web. Informazioni difficilissime da trovare, perlopiù in inglese ma più spesso in finlandese, in norvegese, in svedese, in russo. Dopo un'articolata raccolta di idee ho deciso di acquistare degli sci specifici. Purtroppo nessun negoziante del luogo ne aveva sentito parlare e nemmeno era disposto a procurarmeli. Fu così che mi buttai e acquistai l'attrezzatura su un sito tedesco e su uno francese. Se con gli sci ho avuto fortuna, con le scarpe meno. Erano troppo grandi e morbide, faticavo a controllare lo sci in discesa. Indossavo tre paia di calzini e provavo e riprovavo. Quando finalmente mi sono dotato di tutta la giusta attrezzatura, è stato subito amore. Bastavano 10 centimetri di neve e partivo, andavo a caso, su dai boschi, giù dai prati, poi su dai prati e giù dai boschi, poi raggiungevo un paese con gli sci, un altro giorno un altro paese, poi provavo a macinare chilometri e più ne facevo più me la godevo.



Ci mancava solo il telemark


Mancava qualcosa però in discesa. Sapevo che una delle prime tecniche inventate per scendere era proprio quella inventata nella cittadina norvegese di Telemark, la quale prevede una sorta di inchino - col piede avanzato all'esterno della curva e uno arretrato all'interno - per virare utilizzando sci senza il blocco del tallone. Ho guardato decine di video di ogni epoca e ho consumato le discese per imparare da autodidatta. Ora è qualcosa di imprescindibile nelle mie discese con gli sci: quando curvo, curvo a telemark, qualsiasi sia la larghezza e la tipologia di sci. Quello del tallone libero diventa una sorta di stile di vita, di approccio filosofico alla sciata. Liberare il tallone è come liberarsi da un vincolo. Ti incasina la vita, ti incasina la sciata. Ma sei libero. E godi il doppio.



No, manca ancora qualcosa


Eppure sentivo che mancava ancora qualcosa. Avevo trovato il mio equilibrio, la mia attività invernale preferita però sentivo un'esigenza che partiva da lontano, da lontano nella storia. Non mi bastava più sciare attorno casa, fare un giro di giornata. Cominciò a stuzzicarmi l'idea di usare gli sci per quello che erano fatti: spostarsi. Stare in giro un paio di giorni o più. Usarli come si userebbe una bicicletta. Vedere luoghi nuovi e vederli scivolando sulla neve.



Ho cominciato acquistando una pulk - una sorta di bob da trasporto da trascinare - e bivaccando in tenda sulla neve. Ovviamente mi sono dotato di tutta l'attrezzatura necessaria per dormire al freddo.

Accadde che facendo un viaggio estivo in Georgia, su un altipiano al confine con l'Armenia, mi si accese una lampadina: perché non tentare un viaggio con gli sci? Chiaramente in Scandinavia e in Nord America il terreno si presterebbe meglio, sarebbe più facile la logistica, si attraverserebbero aree attrezzate proprio per lo sci escursionismo, con bivacchi e itinerari prestabiliti. Ma la mia passione per il Caucaso mi ha spinto a tentare un viaggio proprio su quelle montagne.



Maledetto Covid19, maledetta crisi climatica


Ho pianificato tutto meglio che ho potuto, partenza prevista a gennaio 2020. La pandemia ha fatto saltare tutto non per un anno ma ben due. Tra le beffe, il 2022 è stato un inverno particolarmente nevoso sul Caucaso e ciò avrebbe garantito un ottimo innevamento per tutti i 200 kilometri previsti, perlopiù con gli sci - salvo alcuni spostamenti obbligati con pulmini chiamati marshrutka - tra Georgia e Armenia.

Mi sono deciso di realizzare questo piccolo sogno nel 2023. Purtroppo, come sta avvenendo qua, anche sul Caucaso la copertura nevosa è scarsa e anche quando è nevicato, la quota delle imbiancate è stata più elevata della media.

Quindi mi trovo a una settimana dalla partenza con un'incertezza angosciante ed eccitante allo stesso tempo. Che itinerario farò? Riuscirò a fare almeno delle tappe di 2 o 3 giorni? Portare la pulk oppure, nell'incertezza, cercare di gestire questi itinerari di pochi giorni con uno zaino? Le mie ginocchia sarebbero in grado di sostenere uno zaino di 15 kg per tre giorni sugli sci? E se anche la poca neve che c'è se ne andrà?




Tante domande, una sola risposta: improvvisa!


Non ho tante alternative. Ovviamente non sarà un'improvvisazione "allo sbaraglio": ho tutta l'attrezzatura necessaria a fronteggiare una serie di situazioni. Ho le conoscenze necessarie per evitare il più possibile di mettermi nei guai. Sono un tipo generalmente prudente e che sa dire di no quando serve. Quindi sul prevedibile e il controllabile mi sento tranquillo. Per assurdo temo che le preoccupazioni che mi tormenteranno maggiormente saranno su quello che accade a casa in Italia, rispetto a quello che potrebbe accadere mentre sarò in viaggio.

Non sarà una sfida, non ci sarà nessuna ambizione atletica, nessun record. Ho due obiettivi: dimostrare solo ed esclusivamente a me stesso che posso cavarmela da solo anche in situazioni atipiche e imparare da chi vive quei territori cosa significa veramente non avere tutte le comodità e vivere nella semplicità.



Sui social e qui, se vi farà piacere, cercherò di condividere un po' delle mie esperienze. So già che molto rimarrà impresso solo nella mente e nel cuore e non mi sarà possibile trasmetterlo. Qualcosa che mi è già accaduto altre volte nel Caucaso. A presto!









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Gabriele Canella

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