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Camminare in Liguria

Aggiornamento: 26 mar

Non serve nemmeno dirlo, in Liguria si va per il mare. E che mare!


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In Nord Italia - con tutto il rispetto per le altre regioni - non esistono paesaggi costieri come in Liguria. Ma cosa rende la costa ligure così speciale? Io un'idea me la sono fatta: le montagne!


Poche regioni dello Stivale hanno poca pianura come la Liguria. Ben il 65% del territorio è montano, mentre il restante è...collinare!

In Liguria la colonna vertebrale dell'Italia, l'Appennino, si fa sempre più robusta e possente fino a trasformarsi in Alpi. Da Levante a Ponente un susseguirsi di vette - a volte morbide e rotondeggianti, a volte severe e acuminate - si ergono a dividere il mare dalla Pianura Padana. Non si tratta di monti particolarmente elevati, ma non mancano selve rigogliose, altipiani aspri, forre oscure, falesie e precipizi. Per non parlare dei pascoli, delle rupi aride e dei ruscelli secchi che in un batter d'occhio possono trasformarsi in tumultuosi e spaventosi torrenti.


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Le scogliere stesse altro non sono che precipizi percossi dalle onde, i piedi giganti delle montagne, che raramente permettono agli uomini di accedere al mare e viceversa. Ripari sicuri dalle incursioni e dai saccheggi, pendii favorevoli solo a chi, con tenacia, ne ha saputo dissodare le asperità per piantare ulivi e cereali, frutta e verdura, per l'autosostentamento.

Per il visitatore che viene dalla montagna, percorrere la Liguria è una piacevole dissonanza tra le aspettative di un paesaggio marino e la verticalità di un ambiente montano. Anche la gente che ci vive è plasmata tanto dal mare quanto dai monti. Così che molti villaggi dell'entroterra non differiscono nello spirito da quelli alpini.


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Basta salire su qualche vetta per accorgersi di quanto sia montana la Liguria. Sia le valli che guardano verso il golfo sia quelle che si affacciano sulla Pianura Padana, fanno per un attimo dimenticare le vicissitudini della storia delle città marinare, dei cantieri navali, delle imbarcazioni e della pesca. Rimangono i segni di popolazioni abituate alla pendenza e alla sopravvivenza dove la gravità si oppone alla vita rurale.


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In una regione con così tante facce - una prende il sole il mattino, una la sera, una è accarezzata dalla mite brezza del mare, una è sferzata dal vento, una raccoglie l'umidità sulla schiena, e tante altre - la varietà è una caratteristica fondamentale. Difficile stancarsi di un paesaggio, basta percorrere un po' di strada - infilarsi in un'insenatura, salire di quota o dare le spalle al mare - per attraversare ambienti molto diversi tra loro.


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Ambienti diversi significa anche modi diversi di vivere il territorio da parte delle comunità. La ricchezza storica - e preistorica - della Liguria è un altro dei motivi per percorrere mulattiere e inerpicarsi per raggiungere paesi sperduti. Non solo spiaggia. Andarci unicamente per prendere il sole sarebbe uno spreco.


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Vado in Liguria da quando sono bambino, quando i nonni prendevano un appartamento in affitto in provincia di Imperia. Lì ho imparato a pescare, a nuotare, a muovermi sugli scogli, a giocare con piccoli gommoni a remi. Ho imparato a temere le mareggiate e a portare rispetto alla potenza delle tempeste di mare. Crescendo e tornandoci autonomamente ho imparato a osservare il mare dall'alto, a difendermi dalla calura nella macchia, ad arrampicarmi sulle rocce taglienti e a camminare su sentieri insidiosi e talvolta roventi.


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Da quest'anno avrò la possibilità di realizzare un piccolo sogno: accompagnare escursionisti sui sentieri della Liguria. Si comincerà da uno dei luoghi più famosi: le Cinque Terre.

Chissà, magari in futuro riuscirò a proporre camminate anche in zone meno gettonate e più selvagge di questa regione sorprendente.


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Controlla tra le mie proposte, potrebbe esserci un trekking in Liguria! E se non c'è, iscriverti alla Neswsletter, così saprai quando ci sarà.


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Fotografie scattate sia in digitale sia in analogico durante le mie più recenti visite.



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[…] Pure colline chiudevano d’intorno marina e case; ulivi le vestivano qua e là disseminati come greggi, o tenui come il fumo di un casale che veleggi la faccia candente del cielo. Tra macchie di vigneti e di pinete, petraie si scorgevano calve e gibbosi dorsi di collinette: un uomo che là passasse ritto s’un muletto nell’azzurro lavato era stampato per sempre – e nel ricordo.

E. Montale, Ossi di seppia, Milano, Mondadori Editore, 2018, pp. 162-169.

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Gabriele Canella

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